Di tutto un pò
Nel periodo natalizio ci animano e ci accomunano
nuovi buoni propositi e tanta speranza. Lo spirito
natalizio, invece, ognuno lo riscopre con il proprio
stile (e con le proprie tasche!), ricercando serenità e
armonia ispirandosi al consumismo più affannoso, o alla
più estrema austerità.
Aspettando il Natale, fuori da ogni logica sociale, in
tutta Italia in questo periodo è radicata la tradizione
del presepe come rappresentazione plastica della
Natività.
Si costruisce il presepe rinnovando un rituale e antichi
legami con le nostre tradizioni di arte e devozione. Ci
allieta riassaporare quella immutata magia della nostra
infanzia, facendo emergere la natura più spirituale e
simbolica di quei semplici oggetti.
La tradizione popolare fa risalire il primo presepe
vivente nel Natale del 1223, a cura di S.Francesco; il
presepe a tutto tondo risale al 1283 per opera di
Arnolfo di Cambio, scultore e architetto, che scolpì
otto statuette, rappresentanti i personaggi della
natività e i Magi.
Nella nostra epoca i fenomeni di culto, le
tendenze di moda e di cultura sono alimentati dal mondo
del cinema e della comunicazione. Essere a la
page, significa oggi seguire le mode più insensate, le
più credibili, le più raffinate, più trash:
assolutamente tutte espressioni più o meno genuine di
viral marketing. Si è conquistati da un taglio di
capelli, un oggetto, o si finisce per scimmiottare
atteggiamenti e linguaggio di un divo.
Le ultime tendenze sono destinate a condizionare
anche le espressioni più intime e spontanee della sfera
sentimentale. Il fenomeno dei lucchettari coinvolge
insospettabili coppie di innamorati che, al culmine
della propria relazione, espongono un lucchetto in un
luogo affollato della città, a simboleggiare un amore
eterno. Nella storia una serratura ha rappresentato un
vincolo forzato, ora è un vezzo (per la felicità dei
ferramentisti).
Sembrano fenomeni legati al bisogno innato di
appartenenza, che induce a uniformarsi (per
integrarsi), agli atteggiamenti, idee e linguaggio, del
branco. Per questo si perde, a volte, il valore stesso
dell'azione o dell'oggetto, laddove è più importante la
forma rispetto al contenuto. Questa libertà di cambiare
rappresenta la piena modernità dei nostri tempi, ma è
anche segno di un ritardo culturale, poiché si realizza
a discapito della fedeltà a se stessi.
Flavio Giurato non è un uomo conosciuto nel mondo
musicale italiano, ma è un grandissimo cantautore.
Io mi ricordo benissimo quella cassettina audio di mio
cognato; su quel nastro c'era scritto "F.Giurato - N.
Buonocore", ed erano incise le canzoni, oltre che del
nostro, anche di Nino Buonocore, sicuramente oggi più
conosciuto grazie alla bellissima "scrivimi" che cantò
qualche anno dopo, e di cui in questi giorni Laura
Pausini ne ha fatto una cover. Insomma, ascoltai questo
nastro e mi piacquero subito le sue canzoni, vere poesie
mai banali cantate con una voce chiara, e ottimi
arrangiamenti. Per me che amavo ascoltare i cantautori
d'eccellenza come Battisti, de Gregori, Battiato,
Fossati, questo Giurato era unico nel suo modo di
raccontare, sempre originale e sofisticato. Ai tempi di
Radio Oasi, non perdevo l'occasione di passare le
canzoni de "Il tuffatore", che in quei tempi era già
datata (incisa nel 1982).
Un giocatore è diverso da tutti
gli altri passanti,
ma anche una donna alta non è mai banale
sarà per lo sguardo necessariamente superiore
Ma evidentemente il nostro non fu capace di ritagliarsi uno spazio stabile nella scena musicale italiana, e negli anni successivi conobbi solo una persona che ricordava, come me, le sue canzoni, con grande stupore e enorme soddisfazione di entrambi. Il tuffatore sarebbe rimasta un'opera dal valore assoluto, e irripetibile. Infine, proprio ieri, all'improvviso ci sono tornati in mente certi passaggi nelle sue canzoni, chissà per quale mappa concettuale, e appena è stato possibile ho scritto: flavio giurato... Ho trovato un sito, tante notizie e vari link: internet mi ha restituito un cantante oramai divenuto culto, per troppo tempo fuori dalla musica per le curiose logiche di mercato. Ma soprattutto mi ha restituito bellissimi ricordi, la cassettina e tutto il resto!
Fatevi un giro==>>: http://www.flaviogiurato.it/
Il rapporto tra l’uomo e il mondo circostante si è
sempre misurato attraverso l'eterno dilemma, stabilire
cos'è il bene e il male (e il peggio...). Oggi, più che
in passato, questo problema è d'attualità poiché, anche
grazie alle scoperte scientifiche, l'uomo è in grado di
modificare fortemente il suo ambiente. E perciò, quasi
per paradosso, l'uomo finisce per patire le sue stesse
azioni.
Ad esempio l'introduzione delle nuove tecnologie, nelle
attività industriali, ha aumentato la produzione ma non
ha migliorato in egual misura la condizione dei
lavoratori. Infatti, oggi sono diventati “elementi
produttivi” impegnati in un ritmo di lavoro superiore, e
inoltre, essi stessi devono fare i conti con le
suggestioni e i bisogni del consumismo... insomma si
lavora di più, per spendere di più.
Lo stesso discorso vale per due grandi invenzioni
“sociali”: l’auto e il telefono, hanno rappresentato un
modo intelligente per eliminare le distanze tra le
persone, ma a loro volta sono utilizzati in maniera
esagerata o perfino imbarazzante. Le auto contribuiscono
(non da sole, però!) al grave problema dell’inquinamento
e del traffico nelle città. I telefoni, poi, si stanno
rivelando micidiali, poiché ci costringono non solo ad
essere sempre reperibili, ma anche all'ultima, diffusa,
moda dell’intercettazione facile da parte di
chicchessia: d'altronde una civiltà moderna deve
prevedere una democratica intercettazione per tutti, da
tutti.
Insomma, l'uomo non ha ancora inventato un oggetto che
non arrechi più danni di quanti benefici produca: il
rovescio della medaglia, ha troppe volte un retrogusto rivoltante.
Sarebbe utile realizzare un esperimento
scientifico: riunire in una tavola rotonda tutti gli
uomini con inclinazioni da sapientone-salvamondo,
affinché si confrontino su temi a piacere. Senza
pregiudizi, è un’idea da valutare seriamente che può
accogliere grande partecipazione, e ciascuno di noi
potrebbe segnalare qualche degno partecipante: il mondo
è affollato di persone che tentano di affermare la
propria identità, per una competenza vera o presunta
pressoché illimitata, quelli che non ricevono mai
fregature – che anzi le procurano, i pedanti-custodi
della verità, tutti gli insostituibili cattedratici di
ogni risma.
Una volta riuniti il gioco sarebbe fatto, perché il
dibattito sarebbe assicurato e, data la loro natura,
ciascuno di loro potrebbe contraddire gli altri con
l'enfasi che gli è propria, dissertando i propri
assoluti agnostici e incondizionati, in un delirio
scandito di tesi e antitesi, in un turbine di imperativi
su astratto e reale. E una cosa positiva l’avremmo
raggiunta: resterebbero rinchiusi a scorticarsi vivi a
lungo, poiché nessuno di loro conosce la saporosità del
dubbio. Omaggio al dubbio, e alla sua esistenza.
Le parole sono parte della nostra
vita. Hanno segnato le vicende storiche sotto forma di
frasi solenni, di discorsi persuasivi, per l'eloquenza
di qualche personaggio. Oggi in particolare hanno
moltiplicato il loro potere, sfruttando mezzi, centri di
informazione, tecnologie sempre più sofisticate.
Ma hanno pari importanza i silenzi e le cose
non dette. Sia negli ambiti professionali che
negli ambiti sociali ed affettivi, i silenzi possono
produrre vantaggi, se espressi come rinforzo alle
parole; ma qualche volta sono barriere comunicative,
soffocano le relazioni, annullano le identità. In
famiglia sono un vulcano di incomprensioni, pronto a
scoppiare tra coniugi, e tra genitori e figli.
Ma sui silenzi c'è chi costruisce le proprie fortune:
pensiamo alle interminabili serie televisive e
telenovele. Cosa sarebbe stato di Beautiful
senza questi ingredienti: amori, tradimenti, e ipnotici
silenzi...
E' facile imbattersi in circostanze
che ci fanno riflettere sul decorso del tempo nella
nostra vita. Si incontrano ex pargoli che sono diventati
adulti, e ci si chiede sorpresi come sia potuto accadere
in così breve tempo. In realtà il senso temporale è
fortemente viziato dall'età anagrafica: scorre
lentamente nei bambini, ai quali tardano a giungere
compleanni, feste, la fine della scuola e l'estate;
mentre nell'età adulta arriva e passa tutto molto in
fretta, in un incalzare di Natali, ricorrenze,
appuntamenti.
La formula "come vola il tempo!" che ascoltiamo ogni
giorno, deriva da una percezione relativa della
dimensione, poiché condizionata dallo stato d'animo.
Quindi se da un lato si rischia di subire meccanicamente
il tempo, dall'altro si può essere liberi di vivere
il presente in tutti i... sensi. Insomma c'è un tempo
per ogni gusto.
Non se ne può più di questa televisione che non ci offre un palinsesto avvincente e ci dà quello che può, il meglio del peggio, quando non si cade nel trash. Si parla di ascolti record, ma fa specie pensare che i telespettatori siano incollati alla tv a guardare questi spettacoli. La programmazione propone sempre poco da salvare. E' di moda la tv-verità, impasto di sensazionalismo e provocazione (anche nei telegiornali), dove vengono proposti i vip (vecchi e nuovi), i tuttologi (del niente), i buonisti (di ogni causa), tutti appassionati sempre fuori dalle righe, di pessimo gusto e soprattutto in promozione di qualcosa. Poi c'è la tv classica, ci sono i vecchi programmi nella totale mancanza di idee, in questi casi ci si affida al mestiere e alla sobrietà. Infine, e per fortuna, c'è una tv innovativa ma la scelta è sempre troppo limitata, e da salvare c'è sempre troppo poco.